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T’INSEGNERÒ LA NOTTE Recensione della critica letteraria Ernestina Pellegrini

Dopo i primi romanzi La generatrice di miracoli (2014) e Le geometrie dell’amore (2017), Caterina Ceccuti torna sulla scena letteraria con un’opera, T’insegnerò la notte, che la conferma come una fra le voci più interessanti e promettenti della sua generazione. Dico questo non solo perché sa narrare, utilizzando con maestria alcuni ingredienti classici del romanzesco, essenziali per costruire una rete, una trama in cui il lettore resta catturato dall’inizio alla fine – sin dal titolo che lo chiama in causa (a te dico, a te insegno, lector in fabula) – ma anche perché l’autrice riesce ad inserire sotto la superficie dei fatti narrati un plot ricco di singolarità soggettiva (il piano della coscienza del protagonista, che parla in prima persona), i cui fili debbono essere sciolti e recuperati l’uno dopo l’altro per poter essere riannodati poi in un disegno diverso, costruito con gli stessi materiali e tuttavia tale da apparire come una latenza, come una possibilità di senso iscritta nel testo base e finalmente portata alla luce nelle ultime pagine del romanzo.

Cosa voglio dire con questo giro di parole un po’ complicato? Che esistono due piani sapientemente intrecciati che si possono distinguere come due scritture: una diurna e una notturna, una che appartiene alla storia del personaggio che dice io e alla contingenza di ciò che accade e l’altra che segue invece un principio di individuazione interiore doloroso e liberatorio fatto di rimozioni, di lapsus, di sintomi nevrotici, di regressioni, di epifanie spaventose, di illuminazioni retrospettive. Contro la pseudo oggettività della trama, il racconto afferma la soggettività del profondo. E questo ha a che fare con l’identità vera di ognuno di noi (che appartiene sempre alla notte e a ciò che essa significa e racchiude). Ma tutto questo ha a che fare anche con l’essenza stessa della letteratura, come ci chiariscono alcuni teorici contemporanei, fra i quali Jerome Bruner, il quale sostiene che nel pensiero narrativo più efficace e interessante del nostro tempo la composizione narrativa non è più pensabile senza l’ausilio del concetto di costruzione psichica. Vale a dire che il racconto non è solo una forma per rappresentare, ma anche per costituire la realtà individuale e collettiva. (…)

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